RECENSIONE – BONAVENA – SONNY

Come già anticipato nell’articolo della Hurricane (se te lo sei perso, CLICCA QUI), la terza ed ultima uscita facente parte del progetto Barrel Series Club di Bonavena riguarda una variante della Iron (CLICCA QUI per conoscerla nel dettaglio), che prevede l’aggiunta di un frutto inusuale. Infatti, la birra in questione è sempre una Farmhouse Ale da 7.5% ABV, che ha visto l’introduzione di un’ingente quantità di kumquat, conosciuto a livello nostrano come mandarinetto cinese.
Questo agrume è stato tagliato a metà e introdotto per la macerazione negli ultimi 3 mesi di maturazione nelle botti di Aglianico, filo conduttore che ha caratterizzato questa linea. Tale scelta è stata motivata da Vincenzo Follino, head brewer del birrificio di Faicchio (provincia di Benevento) come la volontà di voler proporre qualcosa di nuovo, essendo il kumquat un frutto che non viene comunemente usato nelle Sour. Oltre a ciò, a differenza dell’arancia e di altri agrumi, l’aggiunta in questione risulta essere maggiormente gestibile per regalare una brillante incisività, grazie anche ad un graffiante apporto aromatico che non va a sconfinare in derive sgradite.
Il lavoro più complesso, atto a conferire un profilo maggiormente sofisticato, è determinato dall’immancabile brettanomyces: tra le tre release di questa linea, la Sonny è quella che può vantare l’attenuazione maggiore, pari addirittura al 98%.

Il nome di questa birra è un chiaro ed immancabile riferimento ad un pugile, ovvero Sonny Liston. Una personalità controversa, dalla vita burrascosa sin dalla tenera età, caratterizzata da frequentazioni poco raccomandabili, prima nelle gang scolastiche propense a scippi e violenze, poi con amicizie poco chiare (accuse di intrecci con personaggi mafiosi). Il suo momento di gloria è stato frutto di un’intuizione di due preti cattolici, che gli fecero prendere la strada sportiva nel mondo del pugilato. Dopo aver acquisito i rudimenti fondamentali di tale disciplina, seppe farsi largo a suon di vittorie nel circuito dilettantistico tra vicende extra sportive e vita personale sempre al limite.
Dal 1958 rientrò nella categoria dei pesi massimi, scalando velocemente la classifica per ritagliarsi l’opportunità di poter lottare per la cintura contro il campione in carica Floyd Patterson, che per lungo tempo cercò di evitare tale incontro, consapevole del potenziale di cui era dotato Sonny. La stampa premette per far avvenire questo match, e il 25 Settembre 1960 al Comiskey Park di Chicago andò in scena una lezione che Patterson non dimenticherà mai. Il campione in carica andò al tappeto dopo soli 2 minuti e 6 secondi, dopo aver assorbito la potenza letale dei colpi inferti che lo mandarono KO. Sonny Liston divenne così campione del mondo.
Il 22 Luglio 1963 ci fu la rivincita contro l’avversario che tre anni prima aveva detronizzato. Non cambiò il risultato: Patterson non riuscì a tenere testa al rivale, incassando tre atterramenti nei primi 2 minuti e 10 secondi del match.

Il regno di Sonny Liston andò in frantumi quando il 25 Febbraio 1964 affrontò una futura leggenda della boxe mondiale: Cassius Clay. Fu l’unico avversario che fu proposto dalla federazione visto lo stradominio di Liston negli ultimi anni, tanto da essere indicato come indiscusso favorito anche per questo incontro. Nonostante ciò il giorno prima dell’evento, le quotazioni dei bookmakers calarono, dando Cassius Clay vincitore 1 a 2, alimentando così l’hype per un match sentitissimo. Durante la pausa del settimo round, Sonny gettò la spugna, ritirandosi dopo le ferite riportati da alcuni ganci ben assetati da Clay, messi a segno nelle riprese precedenti.
Fu così che il 25 Maggio 1965 ci fu uno degli incontri che entrò nella storia: la rivincita tra Sonny e Mohammad Ali (nome con cui Cassius Clay si fece chiamare dopo la propria conversione all’Islam) vide l’episodio del “pugno fantasma”: un destro che di primo impatto poteva sembrare innocuo, si rivelò essere quello fatale per Liston, che andò al tappeto per svariati secondi, ponendo fine sia al match in questione e in via praticamente definitiva anche alla propria carriera ad alti livelli.
Iconica è l’immagine in cui Mohammad Ali inveisce contro l’avversario, inerme dopo 2 minuti e 12 secondi del primo round.

Dopo questa parentesi conoscitiva sulla dedicata attribuita con questa birra da parte di Bonavena, andiamo ad analizzare il contenuto della bottiglia.

Recensione Review Bonavena Sonny

ANALISI COMPLESSIVA DELLA BIRRA.

La Sonny presenta una piccola corona di colore bianco, che rimane coesa e diligente grazie alla media persistenza garantita dal supporto di una trama finissima che mostra qualche tratto frastagliato nella sommità.
Il corpo è caratterizzato da una colorazione dorata abbastanza carica, accentuata da una velatura omogeneamente diffusa che permette buona lucentezza al proprio interno. Rilevabile è anche il perlage, nonostante l’opacità dimostrata all’aspetto visivo, con bollicine fini che risalgono con medio/alta velocità.

L’intensità aromatica è alta, con un inizio altamente citrico che propone non solo kumquat (non brillantissimo) ma anche limone e bergamotto. Di lì a poco si innescano sfumature balsamiche che donano freschezza con sprazzi mentolati e di anice, su una base che conduce la persistenza olfattiva con forti richiami a pesca, albicocca ed un pizzico di ananas. In coda si può avvertire qualche rimando diretto alla vaniglia, con commistioni di frutta rossa (fragolina di bosco e ribes rosso) ottenuti dai residui dell’Aglianico all’interno del barile.

La frizzantezza è vivace, senza essere troppo oppressiva ed irruenta. Il corpo risulta medio e riesce a coinvolgere interamente il boccato per abituarlo all’acidità e all’aromaticità presente.
In bocca, il kumquat si propone nella prima metà del sorso per donare essenziale citricità e note che di riflesso ricordano il mandarino nostrano. Successivamente trovano corrispondenza le sensazioni di pesca acerba e ananas (quest’ultima dona sfumatura agrodolce). Inserti speziati a base di noce moscata e chiodo di garofano giocano amichevolmente con le correlazioni di albicocca e lieve anice che si erano già proposte all’olfatto. La chiusura trova il capolinea su una scia vanigliata intrisa di rimandi legnosi, in cui l’apporto dell’Aglianico si dimostra abbastanza assopito.
Il retrogusto è inevitabilmente caratterizzato da una secchezza accentuata, con rimanenze lievi di fruttato a pasta gialla (pesca/albicocca) e leggerissima vaniglia.

Recensione Review Bonavena Sonny

Nonostante la Sonny possa apparire meno in forma rispetto ad Iron e Hurricane, questa birra sa regalare discreta complessità che condiziona sia naso e gusto facendosi ricordare per alcuni tratti pungenti. Il kumquat risulta più determinante nel sorso, grazie anche alla lunghezza amaricante che ricorda l’albedo e gli olii essenziali.
Il brettanomyces apporta molta varietà riuscendo a caratterizzare l’intero profilo con una freschezza aromatica notevole che riequilibra le sorti di una birra apprezzabile nell’evoluzione intrapresa, a discapito di un maggior contributo dell’elemento protagonista.

Recensione Review Bonavena Sonny

NOME BIRRA: SONNY
BIRRIFICIO: Bonavena
STILE: Farmhouse Ale a fermentazione mista (Barrel Aged)
ABV: 7.5%
FORMATO: BOTTIGLIA, 33 cl.

CODICE LOTTO: L 20/14
SCADENZA: 12/2030
BEVUTA IL: 01/08/2023

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